7 giugno 2011

Unità d’Italia. Parte quarta.


Conosco il parroco di una cittadina delle Marche: è un amico, un uomo mite e buono, un sacerdote che crede nella sua missione. Mi racconta una storia. Ve la passo più o meno come lui me l’ha raccontata:
“ qualche tempo fa è venuto in parrocchia, mi dice, un gruppo di giovani marocchini, mussulmani, tutti figli di lavoratori “extracomunitari” della zona o lavoratori essi stessi. Mi chiedono di usare il campo di calcetto la sera. Spiego che non ci sono problemi, il campo è per tutta la comunità, basta che alla fine dell’uso le luci del campo siano spente. I giovani ringraziano e se ne vanno. Qualche giorno dopo tornano e giocano una partita, li sento parlare e strillare in italiano. Finito di giocare spengono le luci e passano a ringraziarmi, si scusano più volte per aver fatto confusione con le loro urla. Non finiscono di ringraziare.
Dico, non c’è di che, poi dopo che sono andati via controllo che le luci siano spente, dò un’occhiata agli spogliatoi: li hanno lasciati puliti e in ordine.
Nello stesso periodo arriva anche un gruppo di giovani italiani della zona: chiedono di usare il campo la sera. Non ci sono problemi, ci mancherebbe, siete benvenuti, il campo è a disposizione di tutti, basta che spegnete la luce dopo aver giocato.
Poco tempo dopo i giovani italiani tornano a giocare. Non ho ancora finito le funzioni religiose, ma si sentono le urla dal campo: turpiloquio, parolacce, una sfilza di orribili bestemmie. Finito in chiesa mi reco negli spogliatoi, i ragazzi si stanno preparando per andar via. Dico: siete i benvenuti, ma non è possibile che accanto al tempio di Dio si bestemmi il Signore, si bestemmi la Madonna. Ho sentito, anche i bambini e le persone in chiesa hanno sentito. Così non va bene. Penso che ora mi chiederanno scusa, ma non faccio in tempo a terminare il discorso che uno dice senza neanche guardarmi “Ah, se questo deve rompere il c… qui non ce venimo più”; un altro, sempre senza rispondermi: “io parlo come c… mi pare”; un paio continuano a bestemmiare ad alta voce, nessuno saluta, nessuno si scusa. Se ne vanno lasciando gli spogliatoi sporchi e in disordine.
I ragazzi marocchini invece sono già tornati un paio di volte. Prima di andarsene vengono sempre a ringraziare e a salutare. Poi se ne vanno a piedi o su vecchie utilitarie”.
Questa è l'Italia di oggi.

Paolo Giunta La Spada

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