30 marzo 2013

Kenya: la decisione dell'Alta Corte.


L'Alta Corte del Kenya ha rigettato il ricorso inoltrato da Raila Odinga e ha dichiarato valide le elezioni del 4 marzo scorso: Uhuru Kenyatta ha vinto.

La cosa comica è che mentre tutti i capi di stato, senza eccezione, si erano complimentati con Uhuru più di due settimane fa il primo ministro Cameron lo ha fatto solo oggi.

A statement from a spokesperson at the PM’s office read: “The Prime Minister wrote to President-elect Uhuru Kenyatta today. He congratulated the President-elect and all others elected in Kenya’s elections.”

The statement went on: “The Prime Minister also underlined his strong commitment to the partnership that exists between Kenya and the UK."

Questi complimenti, dopo gli sforzi fatti dalla Gran Bretagna per non far eleggere Uhuru, sono apparsi ai kenyani come un atto tardivo e segnato da una considerevole dose di ipocrisia.

A Kibera, lo slum più grande di Nairobi, sono segnalati duri scontri mentre a Kisumu, roccaforte di Raila Odinga, i Luo si sono scontrati con la Polizia e le notizie ufficiali parlano di due morti e decine di feriti.

I&W notizie dal mondo.



28 marzo 2013

A chi serve Grillo?


Mentre un giorno sì e uno no fallisce un'azienda italiana con i libri in tribunale, mentre i mercati aspettano l'Italia come la iena aspetta la preda, mentre il Paese continua a vivere con un governo prossimo ad uscire di scena e un Parlamento incapace di farne uno nuovo, c'è chi di tutto questo ride soddisfatto.
Grillo per esempio ride e il "suo" M5S continua, a dispetto delle promesse di cambiare l'Italia, a rifiutare tutto quello che in campagna elettorale aveva promesso. 
Aveva giurato che avrebbe cambiato l'Italia e ora che può imporre il suo programma e realizzare le riforme e i tagli radicali alla politica si limita a insultare tutti e a non fare niente. 
Arroganti, inconcludenti, incapaci, i parlamentari del M5S si limitano a obbedire, come servi senza cervello, al loro dittatore Beppe Grillo, ripetendo, in un delirio di onnipotenza che ricorda altre epoche storiche, che non collaborano con nessuno e che loro "o tutto il potere o niente", alla faccia degli ideali di democrazia e libertà.
Uno che è felicissimo dei numerosi servigi resi dal M5S è l'ex-premier Berlusconi.
Era preoccupatissimo dopo le elezioni, ora invece si sente di nuovo forte. 
Se Grillo volesse votare la fiducia ad un governo PD-M5S Berlusconi sarebbe all'angolo a implorare pietà per conservare la sua immunità e il suo monopolio dei mezzi radiotelevisivi e invece, grazie a Grillo e al M5S, la fa franca nell'unica volta della storia della Repubblica in cui poteva esserci una maggioranza schiacciante ostile alla sua presenza troppo ingombrante per un'Italia liberale e democratica.
Sia Berlusconi, sia Grillo M5S, sono già in campagna elettorale. 
Che gliene frega a loro?
Loro dei problemi degli italiani se ne fregano altamente e pensano solo a rafforzare le proprie rendite, i privilegi, i vantaggi politico-elettorali.
Non si è mai vista nell'intera storia della Repubblica una forza politica che ha suscitato tante e tali speranze per poi deluderle tutte come sta facendo il M5S del dittatore Grillo.
Bisogna risalire alla storia della monarchia per trovare una forza politica simile che ugualmente aveva suscitato tanta fede e tante speranze andate poi tutte deluse. 

Gli italiani, dei buffoni che fanno finta di voler contestare il sistema e poi balbettano la propria incapacità iniziano ad averne abbastanza.

Ci aspettano sfide gravi e difficili.
L'Unione Europea continua a legiferare senza che l'Italia sia tutelata nei suoi interessi vitali.
Sento che alcuni continuano a parlare di Stati Uniti d'Europa.
Gli Stati Uniti si fanno se c'è una lingua comune.
Nell'Europa di oggi esistono 22 lingue e culture che non hanno niente in comune.
L'Europa va riformata profondamente e l'Italia ha bisogno di persone oneste, competenti e capaci che sappiano fare i nostri interessi e gestire i difficili passaggi che riguardano l'apparato politico non solo dell'Italia, ma dell'intera Europa a cominciare dalla sua screditata valuta: l'Euro.
L'Italia ha bisogno di un governo in linea con la voglia di cambiare.
Chi ha voglia di fare chiacchiere, raccontare favole e continuare ad insultare tutti, torni a fare il buffone a teatro.

I&W

21 marzo 2013

Kenya: il dilemma.


Raila Odinga e i suoi avvocati hanno presentato la petizione per annullare le elezioni keniane per brogli.
In realtà nei giorni immediatamente seguenti l'esito elettorale che dava Uhuru Kenyatta vincente, tutti i governi del mondo si sono congratulati con il vincitore e con il popolo keniano per il clima pacifico e ordinato che ha contraddistinto il voto.
Eppure, contemporaneamente, molti media internazionali, in particolare inglesi, hanno trasmesso interviste ai dirigenti della Corte Internazionale per i crimini contro l'umanità. La domanda più ricorrente era: "Uhuru è diventato presidente del Kenya, la Corte procederà?" La risposta, invariabile, era: "certo, non cambierà niente."
D'altro canto anche Uhuru, compiaciuto della vittoria sul rivale Odinga,  ha comunicato al mondo intero che avrebbe collaborato con la Corte.
Ma i media internazionali, quelli inglesi in testa, hanno insistito sui dubbi che tale situazione comporta e, quando Raila Odinga ha presentato la petizione, la voce di annullamento delle elezioni ha ripreso a circolare. 
A questo punto è subentrata una dichiarazione di Alojz Peterle, il rappresentante dell'Unione Europea incaricato di monitorare il voto in Kenya.
Per più di 10 giorni la U.E. non avuto nulla da dichiarare se non che il voto era stato pacifico e trasparente.
Due giorni fa invece il Chief Observer Alojz Peterle ha dichiarato: "The processing of official results was wholly lacking in transparency." 
E ancora: "The European Union Election Observation Mission is closely following the petitions filed after the 4 March General Elections. Impartial and expeditious handling of petitions, in a peaceful atmosphere, is an important part of every democratic electoral process. To observe this important phase, EU election observers will stay in Kenya until the Supreme Court delivers its rulings." 
Inoltre il rappresentante dell'Unione Europea ha parlato di controlli "resulting in an inconsistent method of verifying voters' identity" e ha proseguito dichiarando: "although there have been allegations of hacking and other sabotage, it is equally realistic that these systems could not be implemented because of the limited timeframe in which hardware was received, configured and deployed, alongside incomplete training for polling staff."  
Infine ha concluso: "as was the case in 2007, there were numerous problems with the tallying of election results."
Ed ha anche accusato: "Neither election observers nor party agents had adequate access to the processes in the constituency, county and national tallying centres. Small but numerous mathematical inconsistencies could have had significant impact, given the small number of votes by which Kenyatta passed the 50 percent threshold. So far presidential results have only been disaggregated down to the constituency level," 
E' interessante notare che il rappresentante dell'U.E. ha dichiarato che segue con interesse la petizione di Raila Odinga alla Corte del Kenya.
L'analisi critica di Mr. Alojz Peterle sembra non contemplare la possibilità che, se brogli ci sono mai stati, possano essere riferiti a entrambe le parti in causa.  
Cambiamo argomento: si dimentica di dire all'opinione pubblica internazionale che le accuse di essere il mandante delle violenze di fine 2007-inizio 2008 non sono riferibili solo a Uhuru Kenyatta, ma anche all'altra parte. 
Infatti inizialmente gli accusati di crimini erano sei: tre da parte Kikuiu tra cui Uhuru Kenyatta, e tre della parte avversa, tra cui il braccio destro di Raila Odinga.
Difficile pensare che il braccio destro di un politico sia accusato di essere il mandante di violenze e crimini senza che il suo capo ne sappia nulla. 
In seguito gli accusati divennero quattro: due e due. Che Uhuru sia incriminato e Raila invece no, dipende soltanto dalla decisione della Corte, ma tutti e due i loro partiti furono comunque coinvolti nelle accuse della Corte Internazionale.
Mentre il clima delle elezioni è stato pacifico tutto lascia pensare che nei prossimi giorni, soprattutto quando la Alta Corte del Kenya si esprimerà sulla petizione che chiede la revisione del risultato elettorale, l'atmosfera sarà surriscaldata.
Sabato scorso, il 16 marzo, ci sono stati duri scontri in centro a Nairobi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

(Continua) 

Sullo stesso argomento leggi anche la Trilogia "Out of Africa?", prima, seconda e terza parte; 
e anche "Oggi in Kenya. Prima parte." e "Oggi in Kenya. Seconda parte."
     

19 marzo 2013

Il crollo dello stato.


La cosa più triste è che abbiamo:

1) un eversore, forte di un grande partito e di un immenso impero bancario e mediatico che si configura come uno stato nello stato, che ogni giorno attacca un'istituzione statale; si è sempre circondato di "escort", ha rovinato l'immagine dell'Italia nel mondo con la sua immoralità e incompetenza e disintegrato l'identità liberale e democratica della nazione;

2) un altro partito, che ha solo la forza della legittima rabbia di tanti italiani contro la politica corrotta e corruttrice, che attacca ogni giorno le istituzioni e le persone che le rappresentano; è diretto da due leader che giocano a fare le eminenze grigie dietro le quinte;

3) la Lega scissionista e "celodurista", ultimamente in crisi, ma ancora capace di seminare odio per le istituzioni italiane, una visione razzista e incompetente degli affari pubblici.

Tirano e tirano la corda tutti questi signori e non si rendono conto che contribuiscono, in una congiuntura di grave crisi economica e sotto l'urto ostile dei mercati, al crollo dello stato.

Insisto: a chi sta a cuore l'Italia?

A me molto.

Che ognuno si prenda le sue responsabilità.

I&W

P.S.:

certo, lo stato l'hanno distrutto anche quelli che hanno tirato a campare, che hanno taciuto, che potevano e non si sono impegnati, che non ci hanno messo la faccia.

Giusto.

Ma quello che nessuno dice,  tutti presi dalla bagarre, è che il Paese ha pochi punti di riferimento morali, che le istituzioni vacillano molto di più sotto gli attacchi politici che per un corteo dei centri sociali.

Che marcare visita per non andare al Tribunale e occuparlo il giorno dopo è inaudito.

Che insultare un giorno sì e un giorno no tutto e tutti per prendere più voti è grave.

C'è una società civile in Italia che è sempre più sotto i colpi di una masnada incivile, settaria, razzista, orgogliosa della sua maleducazione e dello sfascio dello stato.
Senza orgoglio e senza amor proprio.

Il "nuovo che avanza", oltre alle Minetti e alle Ruby, ora ha anche la 5 Stelle che rivendica di non salutare Rosi Bindi.
E su tutte queste cose non si riflette e non si frena, ma si ride, si scherza, si pubblicano su Facebook altre storielle, prese in giro, barzellette e altre volgarità.


18 marzo 2013

Si governi!


Il voto ha mostrato una realtà complessa e difficile.
Eppure se il M5S lavora per un programma di forte cambiamento l'accordo col PD è possibile anche perchè, per fortuna, Bersani ha giustamente escluso qualsiasi accordo col massimo responsabile dello sfascio: Berlusconi.
D'altro canto dipenderà anche da Grillo se la ricerca di altre soluzioni spingerà Bersani verso il peggio...
Per scongiurare alleanze indecenti ed evitare il salto nel buio tragico delle nuove elezioni c'è bisogno che i due grandi rivali, PD e M5S, dialoghino e costruiscano un accordo.
Certo non è neanche facile per Bersani dialogare con uno che lo insulta continuamente.
Il M5S deve raccogliere l'invito di Bersani, imporre/proporre i propri contenuti, sviluppare una sintesi di governo che consenta di far partire in sicurezza una legislatura di cambiamento.
I numeri ci sono.
La voglia di fare l'Italia che abbiamo sempre voluto anche.
Basta orticelli personali e velleitarismi.
Si governi.
Un parlamento così non capiterà più.
E andare a nuove elezioni non cambierebbe nulla.
I&W

17 marzo 2013

Il voto palese e il bene dell'Italia.


Dopo i moti liberali del 1848 Carlo Alberto concesse un nuovo statuto. L'articolo 63 recitava: "Le votazioni si fanno per alzata e seduta, per divisione e scrutinio segreto. Quest' ultimo mezzo sarà sempre impiegato per la votazione del complesso di una legge, e per ciò che concerne al personale." 
Nel Piemonte di allora lo statuto mise al riparo i parlamentari dalle prepotenze del re e della corte. Era la prima volta che un parlamentare poteva liberarsi degli ordini capricciosi e arbitrari del sovrano.
Il voto palese fu introdotto in Senato nel 1910 e più tardi esteso anche alla Camera da Mussolini. 
Il voto contro il duce garantiva di trovare i fascisti armati di bastoni sotto casa.
Dopo la guerra, la Resistenza e l'inizio della Repubblica, si pensò di reintrodurre il voto segreto nel quale si vedeva uno strumento essenziale di libertà e autodeterminazione al di fuori del controllo dei direttivi di partito.
Il primo a combattere il voto segreto fu Aldo Moro che ebbe a dichiarare esattamente quello che sostiene Grillo oggi, cioè  che lo scrutinio segreto tenderebbe "a sottrarre i deputati alla necessaria assunzione di responsabilità di fronte al corpo elettorale per quanto hanno sostenuto e deciso nell'esercizio del loro mandato." 
Pertanto sia il voto segreto, sia il voto palese non furono scritti nella carta costituzionale, ma il voto segreto divenne il sistema più usato per problemi pratici e soprattutto dopo l'avvento del conteggio elettronico. 
Si diffuse il caso dei "franchi tiratori", cioè il fenomeno del voto che i parlamentari esprimevano senza tenere in conto le direttive di partito.
Il fenomeno ebbe cause, natura e conseguenze differenziate. A volte si trattava di un voto legato alla collocazione geografica del parlamentare che non approvava un'opera pubblica ritenuta dannosa o inutile per il suo territorio di riferimento. 
A volte si trattava di vere e proprie forme di insubordinazione nei confronti del leader di partito.
Col tempo gli esecutivi lo individuarono come fattore di instabilità, ingovernabilità e mancata trasparenza e, nel 1988, si riaffermò con forza il sistema del voto palese, ma con alcune significative eccezioni come l'elezione dei presidenti di Camera, Senato e del Presidente della Repubblica.
Votazioni in cui si dovrebbe guardare, ancor più che in qualsiasi altro caso, al bene della nazione  e non al volere dei capi di partito.
Il caso di ieri:  il capo-partito Beppe Grillo ha invitato i parlamentari che hanno votato Grasso (per non far eleggere Schifani) a dimettersi dal M5S. 
Li ha definiti traditori.
Forse vuole un partito di burattini obbedienti.
Mi ricorda qualcuno. 

I&W


16 marzo 2013

Il Movimento 4, oopss... 5 Stelle

M5S: da apriscatole a rompiscatole il passo è breve ed è stato già percorso.
Bravi a chiacchierare, zero a lavorare.

Spesso saccenti se un microfono li fa parlare, si capisce perchè Grillo non voleva farli vedere. 
Oggi già dormivano ed è solo il primo giorno nelle aule di Camera e Senato. 
Quando smetteranno di giocare e si metteranno a lavorare per l'Italia?
Dicono: ma l'Italia l'hanno rovinata altri.
Giusto, su questo hanno ragione.
E' una ragione per continuare nell'opera?



Mai visto un partito presente in Parlamento che nega di essere un partito presente in Parlamento (solo i fascisti hanno fatto la stessa cosa dopo il 28 ottobre 1922.) 
Che senza primarie ha scelto dei candidati, peraltro illustri sconosciuti, attraverso una conta fatta, senza alcun controllo, dai due leader del partito.
Che ha 160 parlamentari a cui è stato imposto di non parlare pena l'espulsione dal partito. 
Che tanto quello che faranno lo decideranno i due leader depositari della Verità.
Che questi leader si sentono in diritto di denigrare e insultare chiunque non la pensi come loro perchè loro, e solo loro, hanno capito e sanno tutto della vita, dell'Italia, del Costarica, dell'Euro e dell'economia mondiale e di qualsiasi altro argomento. 

Spero che di queste "anomalie" se ne rendano conto i 160 e poi tutti gli altri...

I&W

10 marzo 2013

Oggi in Kenya. Seconda parte.

Sulla vittoria di Uhuru Kenyatta il Guardian di Londra scrive: "Kenyans wake up to news of Uhuru Kenyatta's victory on Saturday in a very close-run presidential election. The deputy prime minister prevailed by the slimmest of margins, winning 50.03% of the vote according to provisional figures. Despite the result, Kenyatta still faces charges of crimes against humanity at the International Criminal court at The Hague." 
A distanza di ore dalla proclamazione ufficiale non c'è altro commento. 

Se andate sul sito della CNN è anche peggio: 
http://edition.cnn.com/2013/03/09/world/africa/kenya-election-results/index.html 
Interessanti i commenti dei kenio-americani, che vi consiglio di leggere, indignati per la mancata informazione della CNN. 

I media inglesi e americani parlano del "più risicato margine", ma "dimenticano" di scrivere, alla faccia dell'obiettività dell'informazione, che Uhuru Kenyatta ha preso 832.887 voti più di Raila Odinga e 8 punti in più come percentuale. 

Nessuno dei media inglesi o americani scrive i risultati finali che vedono Uhuru con 6.173.433 voti e Raila con 5.340.546 voti. 
Il distacco è enorme e incontestabile. 

Si può ragionevolmente pensare che anche ad un eventuale ballottaggio la situazione non sarebbe mutata e Uhuru avrebbe vinto ancora. 

Andiamo ora al "risicato margine" relativo ai numeri necessari per essere eletti al primo turno senza ballottaggio. Per vincere al primo turno bisognava avere il 50% più uno dei voti. 
Uhuru ha avuto il 50% più 4110 voti. 
E' un margine sottile, ma le due informazioni vanno date insieme, l'una senza l'altra significa manipolare la lettura dell'evento. 

In "Out of Africa? Prima, seconda e terza parte" vi ho raccontato diffusamente dei problemi di queste elezioni keniane, delle accuse che gravano su Uhuru Kenyatta e William Ruto da parte della Corte Internazionale per i crimini contro l'umanità, delle polemiche tra Kenyatta e l'Ambasciata inglese che hanno rievocato, per chi è più anziano, quelle tra Jomo Kenyatta padre, tenuto in carcere dagli inglesi dal 1953 al 1961, e Londra.
Ci saranno sviluppi e conseguenze?
Le elezioni keniane si sono svolte pacificamente e, al di là del sistema elettronico, tutto ha funzionato ed è parso regolare non solo alle autorità keniane, ma anche ai numerosi  osservatori delle Nazioni Unite che hanno certificato la regolarità del voto.
L'atteggiamento di U.S.A. e U.K., ad elezioni finite, può essere "analizzato" per l'attenzione che i due Paesi danno allo schieramento filo-occidentale del Kenya e al timore di una autonomia politica maggiore nelle future scelte di Nairobi.

Le elezioni finite hanno fatto tirare un sospiro di sollievo al mondo del lavoro.
Imprenditori e maestranze hanno smesso di lavorare per una settimana e, se non ci saranno disordini, il lavoro riprenderà lunedì 11 marzo.
Un eventuale ballottaggio avrebbe spinto il Paese verso un grave immobilismo economico.

Il candidato perdente, che per la terza volta viene sconfitto da un rivale di etnia Kikuyu, ha invitato alla pace e alla fraternità, ma ha accusato di errori e brogli fatti a suo danno come nel 2007 ed ha annunciato il ricorso alla Corte per contestare il risultato.

Oggi, a Bomas di Kenya, il Centro elettorale dove i risultati sopraggiungevano ed erano sottoposti al controllo e al vaglio finale, si è svolta una lunghissima cerimonia per la comunicazione dei risultati che è parsa una riuscita prova di democrazia, pace e unità nazionale.
Per tutto il giorno Nairobi è stata attraversata da cortei di folla vestita di rosso (il colore della coalizione Jubilee di Uhuru Kenyatta), ma molti keniani hanno conservato il vestito arancione della coalizione guidata da Raila Odinga.
Sebbene al mattino alcuni gruppi si siano fronteggiati negli slum di Nairobi, non si sono verificati incidenti di rilievo. 
Si spera che la notte passi in linea con l'atmosfera pacifica della giornata.



© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada
(Continua) 
Sullo stesso argomento leggi anche la Trilogia "Out of Africa?", prima, seconda e terza parte e "Oggi in Kenya. Prima parte.".
     

7 marzo 2013

In Kenya oggi. Parte prima.

1) Le elezioni si sono svolte in modo pacifico e ordinato. Lunedì 4 marzo i seggi sono stati aperti alle 6.00.
C'erano code già dalle 3.00 del mattino. I seggi hanno chiuso alle 17.00, ma sono rimasti aperti fino a tarda notte per permettere alla gente in coda di votare.
Le code, in alcuni quartieri di Nairobi, sono arrivate a 4 chilometri, e i tempi di attesa sono stati anche di 4 o 5 ore.
E' stata una grande e riuscita prova di democrazia per il Kenya.

2) Uhuru Kenyatta è in testa. Tra lui e Raila Odinga il distacco è stato ben presto di 400.000 voti, poi è rimasto per lungo tempo intorno ai 600.000 voti. Ora, con più di 3/4 dell'intero conteggio, è intorno ai 545.000 voti.

3) Per vincere, oltre ad avere il 50% più uno dei voti, bisogna conseguire il 25% o più in almeno la metà delle contee. Le contee sono 47. Quindi bisogna raggiungere il 25% in almeno 24 contee. La norma è stata stabilita per mitigare l'eventuale effetto tribale sul voto delle singole contee: chi vince deve essere il presidente di tutti.


4) Il sistema informatico che presiedeva al conteggio è andato in tilt e si è quindi proceduto a mano. Riserve a tale proposito sono state espresse dai rappresentanti del candidato Raila Odinga che hanno chiesto oggi lo stop al conteggio e la rianalisi globale di tutti i voti: "its integrity is "in question"".

I rappresentanti di Raila Odinga hanno tenuto a sottolineare che tale istanza legale "non è una chiamata per una protesta di massa."This is not a call to mass action." 
5) Sono continuate le polemiche tra la Jubillee Coalition di Uhuru Kenyatta e l'Ambasciata inglese (The British High Commission) sul tema della presunta ineleggibilità du Uhuru e sulle accuse di ingerenza britannica nel Paese:
"We at Jubilee Coalition are alarmed by the abnormally high influx of British Military personnel in the country which began around the voting day, under the pretext of training,"  ha scritto The Star di oggi che ha aggiunto che "Jubilee is asking the commissioner to respect the choice of the Kenyan people and should stick to his role of an observer."

6)  I risultati dovrebbero essere comunicati ufficialmente, salvo contestazioni e/o ritardi, venerdì 8 marzo.

7) A Mombasa, fin dal primo giorno, ci sono stati scontri a fuoco tra "militanti islamici" del Mombasa Republican Council e le forze di Polizia, con morti e feriti. Attentati minori nel quartiere somalo di Nairobi e nella città di Garissa. 
Nairobi è tranquilla, poco traffico, grande quiete, trepidante senso di attesa. 
Molte ambasciate e scuole sono ancora chiuse. Quasi tutti i negozi hanno regolarmente riaperto fin da martedì sera. Mercoledì mattina il pane è tornato negli scaffali di tutti i negozi di alimentari.

8) Le televisioni hanno fatto uno sforzo sovrumano per documentare l'evento, storico per il Kenya, e l'hanno fatto con competenza, trasparenza, qualità. Prima delle elezioni la tv di stato ha trasmesso tre lunghi e interessanti confronti tra tutti e 8 i candidati.

9) Tutti quelli che sono partiti per evitare i possibili tumulti post-elezioni stanno tornando nei giorni in cui sarà dichiarato il vincitore, cioè nei giorni a rischio turbolenze.

10) Tutti ci auguriamo che il periodo post-elettorale sia in linea con il pacifico svolgimento delle elezioni e devo dire che l'umore generale della città volge verso l'ottimismo. 
W la pace e auguri per un grande futuro al Kenya!

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada
(Continua) 
Sullo stesso argomento leggi anche la Trilogia "Out of Africa?", prima, seconda e terza parte.


  
    

5 marzo 2013

Il Museo della Scienza.

Brucia il Museo della Scienza a Napoli e se ne va un altro pezzo di cultura dell'amato corpo d'Italia, corpo ormai straziato da troppe ferite.
Anche per questo non si può e non si deve più speculare per ingrassare le proprie fortune politiche.
Non lo dico solo ai berlusconisti che hanno divorato il territorio e rubato perfino l'idea d'Italia, e neanche e solo ai tristi in cravatta verde.
Ma a tutti.
A chi non ha saputo affrontare con la necessaria trasparenza ed energia il cammino che doveva condurre alla riscossa d'Italia.
A chi oggi, fresco di successo politico, pensa di continuare a insultare tutti come se stare in piazza o nel Parlamento della Repubblica fosse la stessa cosa.
Se nessuno gliel'ha ancora spiegato glielo spiego io: l'Italia non ha più bisogno di personaggi che rievocano, come Bossi, grandi rivoluzioni che poi regolarmente falliscono come tumulti orditi da Cola di Rienzo.
L'Italia ha bisogno di smettere un'eterna guerra civile;
ha bisogno di interrompere lo sconcerto che deriva dallo scherzare e dal ridere di tutto e di tutti;
di ritrovare le ragioni di una nazione che ha fatto la storia e ora rischia di perderla.
Di riprendere a sognare, progettare, vincere.

Lavorando in silenzio, senza armi, e con l'orgoglio tutto italiano dell'intelletto.

P

2 marzo 2013

Out of Africa? Parte Terza.

Il 4 marzo 2013 ci sono le elezioni in Kenya. Il seguente articolo è il terzo di una speciale trilogia sul Kenya. 


Nairobi, sabato 2 marzo 2013.

Stamattina alle ore 9.30 sono andato nel grande supermercato Nakumatt, nel quartiere di Westland, una trafficata area di negozi, uffici, pub, ritrovi alla moda.   
In genere alle 9.30 /10.00 del sabato, nello shopping-mall di West Gate, non c'è quasi nessuno. 
Invece oggi non si trovava un carrello libero e le casse, tutte aperte, avevano code lunghissime con carrelli strapieni. 
La città è invasa da cartelli che inneggiano a elezioni pacifiche, ma dalla spesa caricata sui carrelli sembra che stia per arrivare l'apocalisse. 
Per fortuna ho fatto la spesa grande nei giorni scorsi, mi sono limitato al pane di Artcafè e al latte. 
Le ambasciate hanno preparato i piani di emergenza e hanno invitato a tenere "in casa viveri per almeno 72 ore". 
Naturalmente, come ogni volta che scatta una psicosi di massa, tutti hanno interpretato questo invito riempiendo lo store di casa con centinaia di litri di acqua da bere e quintali di scorte alimentari. 
Nei giorni delle elezioni le scuole saranno chiuse. 
Il tempo di chiusura delle scuole internazionali dipende dalla eventuale vicinanza alle aree a rischio, come slum o seggi elettorali. 
La scuola di mia figlia chiude solo due giorni, salvo eventuali complicazioni  nella giornata di martedì al conteggio dei voti. 
Siamo tutti in contatto: cellulari, radio e monitor sempre accesi sulle info dell'Unione Europea, dell'O.N.U. e delle agenzie della sicurezza privata. 
Altre scuole, prossime ad aree a rischio, hanno già deliberato di rimanere chiuse almeno una settimana. 
Molti sono partiti per "vacanze" all'estero di una o due settimane. 
I dipendenti delle ambasciate sono tenuti a prestare servizio. 
L'ambasciata d'Italia è in pieno centro, in un'area molto congestionata dove il traffico può facilmente degenerare in un ingorgo inestricabile, soprattutto in caso di manifestazioni e cortei. 

Non è detto che il 4 marzo esca un vincitore ed è quindi probabile che si vada al ballottaggio: a quel punto i gruppi etnici minori e i partiti politici meno forti avranno un ruolo speciale. 
Sui muri della città e sui giornali campeggiano i volti dei principali candidati: il primo ministro Raila Odinga con il suo Orange Democratic Movement, il suo nuovo alleato e candidato alla vicepresidenza Kalonzo Musyoka del Wiper Democratic Movement. 
L'attuale vice primo ministro Uhuru Kenyatta, della National Alliance, il suo alleato William Ruto dello United Republican Party e Musalia Mudavadi, dello United Democratic Forum.

C'era un altro candidato, il ministro per la Sicurezza Interna George Saitoti, che poteva essere un terzo autorevole concorrente nella contesa elettorale, ma l'elicottero sul quale viaggiava per lavoro il 10 giugno 2012 si è schiantato, per cause non ancora accertate, nella foresta di Ngong. 
George Saitoti è stato definito l'architetto dell'operazione "Linda Nchi",  "Proteggere la nazione", l'attacco portato dall'esercito kenyano, in collaborazione con l'AMISOM, l'African Union Mission in Somalia,  contro i gruppi Jiadisti che infestano il Nord del Kenya e la Somalia. 

A Nairobi, a Garissa, a Isiolo, a Mombasa e in tutta la costa fino a Lamu, l'allerta anti-terrorismo è elevata. 
A Eastleigh, nella Little Mogadiscio, il quartiere somalo di Nairobi, alle tensioni politiche elettorali si aggiungono i rischi di  strumentalizzazione all'interno della comunità somala. 
Negli ultimi 6 mesi, in seguito ai numerosi attentati, 600 sospetti, quasi tutti somali, sono stati arrestati con l'accusa di essere fiancheggiatori dei gruppi terroristi. 
Inoltre a Mombasa e su tutta la costa sono attivi i militanti del Mombasa Republican Council che con lo slogan "Pwasi ni Kenya", "La costa non è il Kenya", rivendicano l'indipendenza dal Kenya. 
Messo fuori legge nel 2008 il Mombasa Council è stato recentemente riabilitato. Chiede alla popolazione costiera, in gran parte di religione musulmana, di boicottare le elezioni. 
Lo scorso 15 ottobre 2012 Omar Mwamnuadzi, capo del gruppo, è stato tradotto in carcere con altre decine di persone dopo una serie di retate in cui non sono mancate sparatorie sanguinose:  un militante del MRC e due agenti di Polizia sono deceduti per le ferire riportate.  
L'Organizzazione Muslim for Human Rights ha denunciato presunti abusi  delle autorità che sono accusate di "usare la mano pesante" sulla costa per arginare le attività fondamentaliste islamiche. 

Le Forze di Polizia hanno subito attacchi gravi in diverse regioni del Paese. 
A Baragoi, 4 mesi fa, nella regione di Samburu, 42  agenti di Polizia sono stati massacrati mentre cercavano di recuperare il bestiame rubato nel corso di uno scontro tra  Turkana e Samburu.
Nella regione del Tana River, da agosto ad oggi, più di 150 persone hanno perso la vita per scontri tra agricoltori Pokomo e pastori Orma. 
Nel campo profughi di Daadab, vicino ai confini con la Somalia, che ospita 500.000 senza casa in condizioni molto precarie, scontri, rapimenti e razzie sono questione di ogni giorno. 

Ho incontrato molti amici kenyani in questi giorni e quasi tutti mi hanno raccontato che voteranno secondo la loro etnia e senza un'eccessiva fiducia su quello che, chiunque vinca, potrà fare per il Paese. 
Anche qui il debito pubblico è fuori controllo e, nonostante il vorticoso sviluppo economico, i problemi sociali sono drammatici. 

Auguro a questi amici e a tutto il popolo del Kenya un florido e felice futuro di pace.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada


Sull'argomento leggi anche Out of Africa? e Out of Africa? Seconda parte. 




I tristi profeti del "tanto peggio tanto meglio"...

Il rischio è che tutto questo - la protesta montante condita da questa bassezza di insulti (Grillo come Bossi di 20 anni fa), il continuo attacco dei mercati, il monopolio dei mezzi televisivi in mano a un signore che vorrebbe abolire il potere giudiziario, - faccia morire le istituzioni. 

I partiti sono istituzioni democratiche. Se noi italiani non siamo capaci di farli funzionare è un problema nostro. 
Continuare ad attaccare le istituzioni conduce al degrado e allo sfaldamento della Repubblica fino al caos totale. 
Anche il M5S è un partito e non mi sembra, nonostante la giovane età, che funzioni più democraticamente degli altri. 
Oggi c'è l'occasione unica di attuare un buon programma di governo con PD e M5S, cioè con due terzi del Parlamento e con una maggioranza schiacciante. 
Se Grillo decide di non votare la fiducia significa che decide di tenere in stallo l'Italia e non utilizzare i voti ricevuti. 
Cioè fa un'operazione sporca di bassissima politica: non per risolvere i problemi d'Italia come ha sempre promesso, ma per avere sempre più potere di ricatto e di insulto.A che cosa porta una tattica del genere è facile prevederlo...


Vuoto politico, crisi di governo, l'Italia consegnata alle Destre, elezioni di continuo...


E' ora che tutti quelli che credono nel "tanto peggio tanto meglio" si rendano conto del vuoto politico, morale e civile del loro atteggiamento...

Italy& World. PGLS.